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Lavoratori all’estero e tutela di salute e sicurezza
Il tema della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori italiani all’estero si ripropone in termini di attualità, allorquando come nel famoso caso Bonatti, quei lavoratori restano vittime di sequestri o di atti criminali che mettono in pericolo la loro vita.
In occasione di un interessantissimo seminario organizzato da Anmil in materia di “valutazione e gestione dei rischi security e valorizzazione professionale del security manager”, a conclusione di un progetto di ricerca iniziato anni or sono, è stata sottolineata l’imprudenza con la quale molte imprese italiana operano all’estero, in zone ad alto rischio per la sicurezza dei lavoratori, e la leggerezza con la quale le stesse trascurano di dare informazioni della propria posizione e della propria attività alle istituzioni italiane.
Si tenga conto che sono sempre di più le imprese, anche piccole e medie, coinvolte nel processo di globalizzazione dei mercati che accettano di operare in zone ad alto rischio, pur all’oscuro dei pericoli esistenti.
La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori italiani all’estero e ampiamente garantita e la mancanza di una specifica previsione nell’ambito del Testo Unico non deve indurre in errore.
I contratti che regolano il lavoro italiano all’estero sono giuridicamente diversi e comportano l’applicazione di diverse leggi nazionali, regolamenti U.E. e convenzioni internazionali
I datori di lavoro sono chiamati a conoscere le diverse normative vigenti, già dal momento della stipula del contratto con il lavoratore che a sua volta deve essere adeguatamente informato.
Infatti l’infortunio del lavoratore di una azienda italiana avvenuto all’estero può comportare responsabilità per il datore di lavoro, per l’Rspp o per altro soggetto obbligato ai sensi della normativa antinfortunistica.
Dal punto di vista penalistico le regole di riferimento si rinvengono già nell’articolo 6 del codice penale, che dispone: “il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, cioè in Italia, quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione o dell’omissione”;
Nel caso di reati con evento infortunistico (lesioni o omicidio con violazione della normativa antinfortunistica, artt. 590 e 589 c.p.), ciò significa che si considera commesso nel territorio dello Stato, non soltanto il reato di omicidio colposo o lesioni personali del lavoratore infortunatosi nel territorio dello Stato italiano, ma anche, in caso di evento all’estero, il reato che derivi causalmente da una azione o omissione che è avvenuta in tutto o in parte nel territorio italiano, come ad esempio, per una incompleta valutazione dei rischi o, ancora, per omesse informazione e formazione.
La Cassazione ( Cass. Pen., 17 Ottobre 2014, n. 43480) ha evidenziato – in un caso di morte di un lavoratore inviato dal datore di lavoro all’estero – che è : “corretta l’affermazione della giurisdizione italiana e l’individuazione del giudice competente per territorio, trattandosi di delitto comune (infortunio sul lavoro) astrattamente ascrivibile a un cittadino italiano, ossia al datore di lavoro, commesso all’estero e come tale punibile, ai sensi dell’art. 9 c.p., comma 2, su istanza della persona offesa, nella specie sussistente essendo stata avanzata querela – denuncia dal prossimo congiunto della vittima”.
L’obbligo di sicurezza nei confronti del lavoratore italiano che svolge attività fuori dai confini nazionali ricade – quindi – sul datore di lavoro italiano, che deve assicurare idonee misure per tutelarne la salute e sicurezza, tenendo conto del noto principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile”, pacificamente ritenuto applicabile dalla giurisprudenza in materia di salute e sicurezza alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
A chi fosse interessato ad approfondire l’argomento segnalo un interessante articolo di Lorenzo Fantini, pubblicato su Punto Sicuro a cui mi sono ispirato nella stesura di questa breve riflessione.
Nella foto: Bucarest, Romania, 14 agosto 2009: i membri del peschereccio italiano Buccaneer rapiti dai pirati somali nel Golfo di Aden dal 9 al 10 agosto sono accolti dalle loro famiglie e dai rappresentanti della stampa all’aeroporto Henri Coanda.
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