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La tutela della salute e sicurezza nella polizia di Stato
Nei riguardi delle forze armate e di polizia, le disposizioni del D.Lgs. 9 aprile 2008, n.81, sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o delle peculiarità organizzative individuate con decreti ministeriali da emanarsi con decreti dei ministri competenti.
La clausola di specificità surrichiamata, prevista dell’art.3, comma 2, ( ancora in attesa di perfezionamento nella sola polizia di Stato) ha introdotto una sorta di equivoco interpretativo e per diverso tempo e vari motivi rallentato la corretta applicazione della normativa prevenzionistica e la promozione di una adeguata cultura della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Tale rallentamento ha trovato sponda nella previsione dell’art.13, comma 1bis, ove si stabilisce che nei luoghi di lavoro delle forze armate e delle forze di polizia, la vigilanza sulla applicazione delle normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituti presso le predette amministrazioni.
La morte in servizio di alcuni operatori e una diversa sensibilità del capo della polizia, hanno di recente avviato una stagione di sensibilizzazione degli operatori e di responsabilizzazione del personale incaricato, nella propria funzione di datore di lavoro, dirigente, rspp e preposto
Soprattutto queste figure sono chiamate a recuperare il gap informativo, formativo e di esperienza professionale maturato negli anni dai propri omologhi del settore privato, cimentandosi con precisi obblighi e responsabilità penali, nella complessa attività di individuazione dei pericoli e di valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza, anche in presenza del dovere di intervento in situazioni di personale esposizione al pericolo.
Inoltre, per quanto concerne il datore di lavoro, questa figura è ancora oggetto di discussione con particolare riferimento alla necessità o meno che tale individuazione sia accompagnata da una apposita delega. Nelle amministrazioni pubbliche, ha infatti ribadito la suprema Corte di Cassazione, il datore di lavoro è per disposizione legislativa il dirigente al quale spettano i poteri gestionali, decisionali e di spesa ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale e che in ogni caso non è necessaria alcuna delega dal parte dell’amministrazione di appartenenza.
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