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Salute e sicurezza: la zona franca degli studi professionali

Dopo i primi commenti a caldo, non so se vi è capitato di rileggere con maggiore attenzione, il contenuto dell’art.11 della legge 22 maggio 2017, n.81 recante “misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Con questa norma, il legislatore ha inteso conferire al governo una delega in materia di:

  • semplificazione della normativa sulla salute e sicurezza degli studi professionali, affinché si determinino misure tecniche ed amministrative di prevenzione compatibili con le caratteristiche gestionali ed organizzative degli studi professionali.
  • semplificazione degli adempimenti meramente formali….anche per mezzo di unificazione documentale;
  • riformulazione e razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativi e penale, per la violazione delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro negli studi professionali, avuto riguardo ai poteri del soggetto contravventore e alla natura sostanziale o formale della violazione.

Si tratta in poche parole di una vera e propria deroga alla normativa generale,  D.lgs. 9 aprile 2008, n.81 maggiore di quella conferita, dall’art.3 alle Forze armate, di Polizia, al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, in forza delle particolari ed effettive esigenze connesse al servizio espletato o alla peculiarità organizzativa.

Possibile che gli studi professionali presentino caratteristiche tali da richiedere una norma ad hoc? Possibile che pur di fronte a questa impellente necessità non si sarebbe potuto ovviare a mezzo della Commissione Consultiva permanente, ex art.6, magari attraverso la definizione una buona prassi?
Quali sarebbero queste particolari condizioni lavorative ed organizzative da richiedere addirittura idonee “misure tecniche ed amministrative di prevenzione compatibili con le caratteristiche gestionali ed organizzative degli studi”?

Nel testo, ritorna il tema degli adempimenti “ meramente formali”, la cui evocazione, sicuramente suggestiva, induce il lettore ad immaginare che la normativa penale prevenzionale contenga adempimenti “meramente amministrativi” che nulla avrebbero a che fare con l’obbligo da parte del datore di lavoro di dimostrare, anche documentalmente, il rispetto delle previsioni normative in materia di tutela della salute e della sicurezza.

Personalmente credo che la scelta operata dal legislatore non sia delle migliori e che ben presto altri settori cd. “a basso rischio” potranno convincersi della totale salubrità dei propri ambienti, avanzando analoghe pretese, magari solo sulla base del basso numero di infortuni registrato, senza considerare invece che proprio in quegli ambiti il tema delle malattie professionali e gli effetti sulla salute, (esposizione ai videoterminali, malattie psicosociali) è ancora tutto da scoprire.

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