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Cellulari e cordless possono causare tumori?
La salute dei lavoratori ha nuovi nemici: telefoni cellulari e cordless
Su questo tema, ha fatto molto parlare di se, una recente sentenza del Tribunale di Ivrea che ha riconosciuto il legame causale tra un tumore al cervello e l’uso del telefono cellulare, condannando l’INAIL a pagare la rendita perpetua per il danno subito da un dipendente Telecom, ammalatosi di cancro per aver utilizzato il cellulare per 15 anni per più di 3 ore al giorno.
Non è la prima volta che un tribunale italiano riconosce la causa oncogena nei campi elettromagnetici generati dal cellulare.
Già nel 2012, la Corte di Cassazione aveva respinto il ricorso presentato da Inail avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia che in riforma alla pronuncia di primo grado , aveva condannato l’Inal a corrispondere ad un lavoratore la rendita per malattia professionale, riconoscendo una invalidità dell’80%, in conseguenza dell’uso lavorativo protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno di telefoni cordless e cellulari all’orecchio sinistro procurandomi una grave patologia tumorale.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, “nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.
A tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall’assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia; – doveva quindi ritenersi la sussistenza del requisito di elevata probabilità che integra il nesso causale richiesto dalla normativa.”
Nella sua decisione la Corte ha tenuto conto di alcuno studi scientifici indipendenti che dimostrano l’effettiva pericolosità delle onde elettromagnetiche emesse dai telefoni. A sua volta il Tribunale di Ivrea si è espresso in modo favorevole per il lavoratore considerando che non esiste alcuno studio medico-scientifico che ne confermi la NON pericolosità.
Il Tribunale è andato anche oltre sostenendo che a suo parere : “sulla base dei criteri elencati nel preambolo delle monografie della IARC, le emissioni a Rf/Mo dei telefoni mobili (cellulari e cordless) dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l’uomo”.
Questa sentenza, se pur di primo grado, conferma la necessità di una profonda riflessione sugli effetti per la salute dell’uso dei telefoni cellulari e cordless e per quanto concerne l’attività lavorativa, richiamando la responsabilità dei datori di lavoro e con essi dei professionisti della prevenzione per la corretta valutazione di tutti i rischi e l’attuazione di tutte le misure di prevenzione e protezione.
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