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CSE, il potere non diventi arbitrio

Mi capita sempre più spesso di essere chiamato ad esprimermi riguardo la correttezza di alcuni curiosi comportamenti messi in atto da un sempre maggiore numero di CSE, nella fase di verifica dei piani operativi di sicurezza ( POS), così come previsto dall’art.92, comma 1, lettera b) del D.lgs.81/2008.

È noto a tutti come la verifica dell’idoneità del POS costituisca un vero e proprio obbligo di risultato, gravante sul CSE, il quale deve assicurare la coerenza dei singoli POS con il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) , ovviamente nei casi in cui questo sia previsto dalla normativa.

L’omessa verifica, come pure l’effettuazione di una verifica superficiale o limitata al puro aspetto formale, rischia di prefigurare in capo al CSE, figura gravata da una chiara posizione di garanzia, pesanti conseguenze sia sul piano sanzionatorio che sul piano delle responsabilità penali, in caso di infortunio grave o mortale, occorso in cantiere, anche in relazione alla non idoneità del POS, che il coordinatore avrebbe dovuto rilevare e risolvere tramite la richiesta di rinnovo all’impresa esecutrice e la necessaria rielaborazione.

L’attività quotidiana svolta dai CSE evidenzia come tra i contenuti minimi maggiormente critici in ordine alla verifica dell’idoneità del POS, sia compresa la documentazione relativa all’informazione e alla formazione, fornite ai lavoratori occupati in cantiere, contemplata alla lettera l) del punto 3.2.1 dell’allegato XV.

  • In forza degli obblighi ad esso attribuiti, sino a che punto il CSE si può spingere per verificare l’idoneità della documentazione inerente l’informazione e/o la formazione dei lavoratori?
  • Spetta al CSE verificare che la informazione e/o la formazione di un lavoratore corrisponda a criteri di sufficienza ed adeguatezza?
  • Spetta al CSE verificare la sussistenza dei criteri previsti dagli ASR in materia di soggetti formatori?
  • Ed in caso di perplessità, egli dovra rivolgersi agli organi di vigilanza perché verifichino quanto eccepito o può imporre autonomamente al datore di lavoro di ripetere gli adempimenti?

È soprattutto quest’ultima domanda che suscita la mia curiosità, nel momento in cui il CSE forte della sua posizione giuridica in relazione alla debolezza della ditta esecutrice, (caratterizzata dalla paura di perdere l’appalto) si sostituisce agli organi di vigilanza, dichiarando non idonea la formazione dei lavoratori e consigliando il luogo e l’ente ove ripetere l’adempimento.

È un comportamento, sicuramente in buona fede, sempre più frequente e molto pericoloso, soprattutto se presso quell’ente il CSE effettua attività di consulenza, circostanza in  relazione alla quale il codice penale potrebbe offrire interessanti spunti di riflessione

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