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Dalle Regioni, attacco ai soggetti formatori

Le Regioni tentano di risolvere il problema dei soggetti formatori avocando a se tutta la formazione per la sicurezza.

E’ giunto in Commissione Consultiva permanente una bozza di Proposta di revisione del sistema di formazione in tema di salute e sicurezza sul lavoro a cui dedicherò una serie di post di approfondimento.

Il documento è stato consegnato e presentato nei contenuti dalla rappresentante della Regione Lombardia.

Obiettivo delle Regioni: mettere uno stop al dilagante fenomeno della formazione non conforme, semplificando il quadro e regolandone ulteriormente il funzionamento.

Esse intendono affrontando le maggiori criticità dell’attuale sistema di formazione partendo dal tema dei soggetti formatori di derivazione sindacale per approdare ai requisiti dei docenti formatori

Buone notizie? Ho qualche dubbio, comunque valutate voi

La proposta prevede quali futuri soggetti formatori unicamente:

  1. I soggetti accreditati/autorizzati dalle Regioni e dalle province autonome
  2. I soggetti pubblici operanti nel sistema dell’istruzione o della salute sicurezza sul lavoro facenti capo ad esempio il Miur, al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali , all’Inail, l’Ispettorato nazionale del lavoro.

I soggetti formatori, a normativa vigente, sono quelli già indicati dalla Conferenza delle Regioni e per ultimo richiamati al punto 2 dell’Allegato A dell’ASR n.128 del 7 luglio 2016.

Dalla proposta resterebbero esclusi:

  1. Tutte le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;
  2. Tutti gli organismi paritetici;
  3. Tutti i fondi interprofessionali 
  4. ogni altra struttura di derivazione sindacale a prescindere dal grado di rappresentatività nazionale e dall’attività contrattuale svolta nel mercato del lavoro.

Da una prima lettura, viene inoltre esclusa la possibilità per tutte le altre amministrazioni pubbliche e per qualsiasi datore di lavoro di provvedere direttamente alla formazione dei propri dipendenti.

Restano esclusi dal novero dei soggetti formatori tutti gli ordini e i collegi professionali.

La proposta  approderà il prossimo 13 maggio nel Comitato 5, deputato ad occuparsi della formazione in materia di salute e sicurezza, di cui sono componente

Riguardo le procedure concernenti la formazione autorizzata a livello regionale, il testo indica che saranno  previste:

  1. la vidimazione dei registri di presenza degli allievi 
  2. le comunicazioni in merito alle date di inizio e fine corso e di articolazione didattica dello stesso, nonché dove previsto
  3. La verifica dell’avvenuto apprendimento e il rilascio al minimo di un attestato di frequenza 

La proposta, suggestiva nei propositi, rischia di aprire una stagione di contenziosi, soprattutto con le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Non dimentichiamoci infatti il ruolo rivestito dalla contrattazione collettiva nazionale in materia di tutela della salute e della sicurezza e di formazione anche in relazione ai cosiddetti rischi trasversali.

I più maliziosi riferiscono che , in realtà le regioni vorrebbero avocare a se tutto il sistema formativo, facendo valere il proprio ruolo di soggetti formatori al punto da escludere dal novero dei soggetti persino gli ordini e i consigli professionali.

Se così fosse si verrebbe a creare una condizione tale in cui il soggetto formatore è anche organismo di vigilanza?

Il problema della qualità formale della formazione esiste, ma non si può risolvere gettando via il bambino con l’acqua sporca o peggio ancora istituendo un “regime formativo regionale”.

La soluzione migliore sarà quella di ma affinare, ampliandola, l’azione di contrasto nei confronti di coloro che agiscono nell’illegalità

Sollecitati su questo aspetto i rappresentanti delle regioni hanno detto che non è possibile sanzionare i soggetti formatori tantomeno i docenti , in quanto obbligati contrattualmente solo nei confronti del datore di lavoro, per cui non resta che “regionalizzare” la formazione.

Troppo facile.

Su questo tema, la mia esperienza mi insegna che in sede di accertamento, gli organismi di vigilanza nella propria funzione di polizia giudiziaria spesso si limitano a sanzionare il datore di lavoro senza verificare la sua buona fede. Limitandosi ad applicare il principio della responsabilità per “culpa in eligendo”

La legge, però,  impone alla polizia giudiziaria il dovere, anche di propria iniziativa, di prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale. (art.55 cpp)

Ed allora, perché limitarsi a sanzionare il datore di lavoro se sospettiamo che egli stesso è potenzialmente vittima di un reato 

Ho già affrontato in numerosi post il tema della legittimità ad agire dei soggetti formatori ed invitato i consulenti per la formazione, i docenti incaricati e per ultimo i datori di lavoro a prestare la massima attenzione nella scelta ed in ultima analisi pretendere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciato in applicazione dell’art. 76 del D.P.R. 445/2000.

A mio avviso un ottime deterrente.

In questo caso le dichiarazioni mendaci ( il possesso dei requisiti di legge per poter agire in qualità di soggetto formatore o di docente formatore ) sono punite ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia e possono rappresentare un utile strumento di avvio di un procedimento penale anche nei confronti dei millantatori.

Se questo comportamento fosse più diffuso tra gli organismi di vigilanza, sono sicuro che in poco tempo si farebbe molta chiarezza nel mercato della formazione 


Questo articolo ha 3 commenti

  1. Buongiorno Paolo, confido in te per dare battaglia nelle sedi preposte a questa assurda mistificazione! Pensare che accreditamento significhi buona formazione è al limite dell’assurdo. Scusa per lo sfogo, ma demandare alle regioni la formazione sulla sicurezza sarebbe tragico!

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